Nel corridoio di un istituto superiore di una città italiana, un neodiplomato controlla il telefono: tra le comunicazioni che scorre c’è la notizia di una nuova misura pensata per i giovani. Non è un bonus all’uso generico, ma una tessera elettronica collegata alla cultura. La scena è utile per capire cosa intende fare il legislatore: trasformare un contributo economico in un invito concreto alla fruizione culturale.
Che cos’è la carta valore e perché nasce
La legge di bilancio introduce la Carta valore, una carta elettronica finalizzata a promuovere la diffusione della cultura tra i giovani in Italia. L’intervento è disciplinato dall’articolo 108 e prevede l’entrata in vigore del nuovo strumento a decorrere dal 1 gennaio 2027. La Carta valore dovrebbe sostituire due iniziative già note: la Carta della cultura giovani e la Carta del merito, unificando così gli interventi rivolti ai neodiplomati e ai giovani beneficiari.
Il documento di bilancio quantifica gli oneri in circa 180 milioni di euro annui a partire dall’anno 2027, cifra che indica l’entità della misura ma non esaurisce le questioni operative. Lo scopo dichiarato è chiaro: favorire l’accesso a prodotti e servizi culturali e sostenere un’abitudine di consumo culturale tra chi esce dal percorso di istruzione secondaria. Un dettaglio che molti sottovalutano riguarda la capacità delle reti culturali locali di recepire il nuovo strumento: musei, librerie e piattaforme digitali dovranno essere pronti ad accettare la carta e a integrarla nei propri sistemi di vendita.
Nel corso dei lavori parlamentari si è discusso anche dell’impatto distributivo: la Carta valore non è pensata come un sussidio universale, ma come uno strumento mirato a incentivare spese culturali specifiche. Lo raccontano gli osservatori istituzionali: si punta a convertire risorse pubbliche in fruizione effettiva, più che in trasferimenti monetari generici.

A chi spetta e come sarà assegnata
Secondo la norma, la Carta valore è assegnata ai giovani nel anno successivo al conseguimento del diploma. In pratica, il beneficiario è chi ha completato un percorso di istruzione secondaria e si trova nel periodo immediatamente successivo al diploma. Il meccanismo prevede una carta elettronica nominativa, con un credito da utilizzare entro il periodo stabilito, generalmente nell’anno che segue l’assegnazione.
La carta servirà a coprire l’acquisto di materiali e prodotti culturali. Tra gli esempi evocati negli atti di discussione figurano libri, abbonamenti a servizi culturali, ingressi a musei, sale cinematografiche e corsi formativi: si tratta però di elenchi indicativi, perché le categorie ammissibili dovranno essere precisate nei decreti attuativi. Un dettaglio che molti sottovalutano è la gestione digitale del circuito: sarà necessario un registro degli esercenti accreditati e procedure per la tracciabilità delle spese, al fine di evitare usi impropri.
Dal punto di vista amministrativo, l’assegnazione potrebbe seguire un flusso automatizzato tra anagrafi scolastiche e piattaforme gestionali dello Stato o degli enti delegati. Lo rendono evidente i testi preparatori: l’obiettivo è ridurre gli oneri burocratici per i giovani, consegnando la carta in modo rapido dopo la certificazione del diploma. Restano da definire i criteri di inclusione per percorsi diversi dal diploma tradizionale e le modalità per chi risiede all’estero o in percorsi di istruzione non formale.
Effetti pratici, costi e dubbi aperti
La previsione di uno stanziamento di 180 milioni di euro l’anno mostra l’ambizione del progetto, ma mette anche in luce alcune criticità pratiche. Sul fronte degli impatti culturali, la Carta valore può favorire l’acquisto di beni culturali e la frequentazione di servizi, stimolando la domanda tra i giovani. Tuttavia, l’efficacia dipenderà dalla capacità di offrire un catalogo di proposte effettivamente attrattive e dalla rete territoriale degli operatori culturali, che dovranno essere accettanti e tecnicamente attrezzati per ricevere pagamenti elettronici dedicati.
Dal punto di vista sociale, un rischio concreto è quello della frammentazione: in aree con scarsa offerta culturale la carta rischia di avere meno valore reale. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la ridotta accessibilità di servizi culturali nelle zone interne; per questo la misura rischia di accentuare le disuguaglianze se non accompagnata da politiche locali di potenziamento dell’offerta. Lo raccontano i tecnici del settore: senza un lavoro coordinato tra Stato, regioni e operatori privati l’impatto rimane limitato.
Restano aperte questioni amministrative e tecniche: chi gestirà il sistema di distribuzione, come saranno monitorate le spese e quali categorie esatte saranno ammesse. Restano inoltre aspetti di comunicazione ai giovani, perché la carta produca effettivamente un cambiamento nelle abitudini di consumo culturale. Chiusa la fase normativa, la sfida sarà trasformare il credito in occasioni reali di partecipazione: una prova concreta per capire se risorse pubbliche dedicate alla cultura possono tradursi in un aumento sostenibile della fruizione da parte dei giovani.
