Le fila davanti agli sportelli e le notifiche bancarie raccontano la stessa storia: il cedolino di dicembre è quello che mette più soldi in tasca ai pensionati. Tra la somma aggiuntiva della tredicesima, le eventuali integrazioni come la quattordicesima e la consueta rivalutazione legata all’inflazione, l’importo finale cresce rispetto ai mesi precedenti. Chi controlla il proprio profilo online lo nota subito: il cedolino diventa disponibile sul portale dell’Inps prima dell’accredito, che avviene il primo giorno bancabile del mese.
Perché dicembre pesa di più sul cedolino
La voce che incide maggiormente sul saldo di dicembre è la tredicesima, una quota che lo Stato trattiene mese dopo mese e riconsegna a fine anno. Questo meccanismo fa sì che chi ha percepito il trattamento per l’intero anno riceva un importo pieno, mentre chi ha iniziato la pensione nel corso dell’anno vede la tredicesima proporzionata ai mesi effettivi. La tredicesima è soggetta a Irpef, ma non subisce le addizionali regionali e comunali, un dettaglio che molti sottovalutano quando confrontano il netto dei vari mesi.

Accanto alla tredicesima, alcuni pensionati ottengono anche la quattordicesima: è rivolta a chi ha raggiunto almeno i 64 anni con redditi contenuti e si applica con importi differenziati in base alla contribuzione. In linea generale, gli importi per la quattordicesima oscillano tra 437 e 655 euro, mentre per i trattamenti minimi è confermato un bonus aggiuntivo di 154,94 euro. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è proprio questo mix di voci che rende il cedolino di dicembre nettamente più corposo.
Nel complesso, l’assenza di conguagli negativi a fine anno significa che l’assegno può soltanto aumentare rispetto ai mesi precedenti. Lo raccontano i tecnici del settore: trattenute mensili e accrediti annuali sono calibrati per non penalizzare il beneficio finale, anche se il netto percepito varia a seconda della situazione fiscale del pensionato.
Rivalutazione, importi e cosa cambia per il 2025
La rivalutazione automatica delle pensioni adegua gli assegni all’andamento dei prezzi: per il 2025 il tasso applicato è stato dello 0,8%. Questo incremento non è distribuito in modo uniforme: chi percepisce fino a quattro volte il trattamento minimo ottiene il 100% della rivalutazione, chi si colloca tra quattro e cinque volte riceve il 90%, mentre sopra cinque volte la quota scende al 75%. Un dettaglio che sfugge a chi vive in città è che la percentuale applicata può incidere in modo significativo sul netto mensile.
Per rendere l’idea con numeri concreti: una pensione di circa 1.000 euro vede un aumento vicino agli 8 euro al mese, una da 2.000 euro intorno ai 16 euro, e chi supera i 3.000 euro può aspettarsi una crescita compresa tra 20 e 25 euro. Ai trattamenti minimi si aggiunge inoltre un aumento supplementare del 2,2%, pensato per tutelare le fasce più deboli.
Guardando avanti, il tasso di rivalutazione per il 2026 sarà calcolato sui dati dell’anno precedente e gli operatori ipotizzano valori più elevati rispetto al 2025, indicativamente tra l’1,4% e il 2%. Per dicembre non sono previsti conguagli di perequazione: con l’indice provvisorio ormai confermato, l’assegno dell’ultimo mese dell’anno beneficia soltanto degli incrementi. Una conseguenza concreta è che molte famiglie noteranno subito la variazione sull’estratto conto, in particolare dove la tredicesima e la quattordicesima si sommano alla piccola rivalutazione.
